Mos maiorum
Con l’espressione mos maiorum (letteralmente “il costume degli antenati”) i Romani indicavano quel complesso di valori e di tradizioni che costituiva il fondamento della loro cultura e della loro civiltà. Essere fedeli al mos maiorum significava riconoscersi membri di uno stesso popolo, avvertire i vincoli di continuità col proprio passato e col proprio futuro, sentirsi parte di un tutto. Il mos maiorum era, in altri termini, l’insieme dei valori collettivi e dei modelli di comportamento a cui doveva conformarsi qualsiasi innovazione; rispettare il mos maiorum significava quindi incanalare le energie e le spinte innovative entro l’alveo della tradizione, così da renderle funzionali al bene comune. Cardine fondamentale di questo sistema di valori è infatti l’assoluta preminenza dello Stato, della collettività, sul singolo cittadino: questa è l’ottica da cui va esaminato qualunque valore e comportamento; così ad esempio non era tanto il coraggio in sé ad essere apprezzato, ma il coraggio che veniva dimostrato nell’interesse e per la salvezza dello Stato.
VIRTU' AL MASCHILE
MOS MAIORUM: il valore cardine della civiltà romana, il rispetto della tradizione degli antenati
VIRTUS: affermazione della propria forza morale manifestata attraverso i retti costumi
PIETAS: rispetto degli obblighi e dei doveri che ci legano agli dei, alla patria e agli antenati
FRUGALITAS: sobrietà di vita
FORTITUDO: incorruttibilità
PROBITAS: onestà e disinteresse
GRAVITAS: autorevolezza, senso dell'onore e della dignità tipico del civis ideale
CONSTANTIA: coerenza e forza d'animo nel conseguimento dei propri obbiettivi
FIDES: lealtà, rispetto della parola data
VIRTU' AL FEMMINILEMOS
MAIORUM: vedi sopra
FIDES: fedeltà all'amore coniugale
BONA FAMA: buon nome
DIGNITAS: senso dell'onore
DECUS: onorabilitàIl Mos Maiorum –
Nei primi secoli dalla nascita di Roma fondamento del diritto romano (ius) fu considerata la tradizione. Da principio non vi erano leggi scritte, ma soltanto una coscienza collettiva e ogni ramo della vita quotidiana era regolato da una prassi universalmente accettata, secondo le usanze degli antenati. Il mos maiorum, che letteralmente significa "costumi e tradizioni degli antichi" era quell’insieme di norme di origine consuetudinaria, che venivano generalmente osservate dal popolo in virtù della loro derivazione da antiche tradizioni, talmente remote che non si conosce l’origine.
Il diritto consuetudinario può avere due forme: mos e ius. Il mos non serve ad esprimere la realtà giuridica, bensì la conformità di un comportamento ad una tradizione. Lo ius invece, secondo i galli, indicava il diritto e si intendeva qualcosa di autoritario e formale. Tuttavia alla legge si ricorreva solo eccezionalmente ed essa era considerata un mezzo per intervenire sulle tradizioni e cambiarle quando queste si rivelavano inique, dannose o inadeguate alle nuove esigenze della collettività. Il mos maiorum costituiva gli elementi fondamentali del sistema giuridico romano arcaico, almeno fino all’emanazione delle leggi delle dodici tavole. Era considerato un patrimonio di valori e di tradizioni che costituiva il fondamento della loro cultura e della loro civiltà, la base dello stato romano.
Essere fedeli al mos maiorum significava riconoscersi membri di uno stesso popolo, avvertire i vincoli di continuità col proprio passato e col proprio futuro, sentirsi parte di un tutto. I costumi e le usanze rendevano pienamente cives il romano che le seguiva con rispetto ed erano simbolo di integrità morale e fierezza dell’essere cittadino romano. Il concetto prioritario fu la particolare concezione dello Stato, inteso non come una società creata per dare benessere ai singoli cittadini, ma un patrimonio ideale e materiale che apparteneva a tutti: la res publica.
Il bene comune era più importante del bene individuale ed ogni cittadino si sentiva in dovere di contribuire personalmente alla grandezza della res publica, assolvendo ad un preciso dovere morale. Cardine fondamentale di questo sistema di valori è infatti l’assoluta preminenza dello Stato, della collettività sul singolo cittadino: questa è l’ottica dalla quale va esaminato qualunque valore e comportamento. Così, ad esempio, non era tanto il coraggio in sè ad essere apprezzato, ma il coraggio che veniva dimostrato nell’interesse e per la salvezza dello Stato. I mores riguardavano essenzialmente la fedeltà allo Stato e ai suoi principi, l’attaccamento alle tradizioni religiose e culturali, il raggiungimento delle virtù civili e personali.
Ad esempio erano considerate virtù:
-abstinentia: disinteresse, onestà, integrità morale. Designa l’atteggiamento disinteressato, specialmente dell’amministratore nei confronti della cosa pubblica -consilium: saggezza, ponderazione, capacità di deliberare. La parola, ricca di implicazioni, appare come uno dei valori della più antica latinità, e indica la riflessione condotta con calma e in piena indipendenza di giudizio. -constantia: fermezza, costanza, tenacia, forza d’animo, coerenza. La parola in sè designa la salda perseveranza, la stabilità di un comportamento e di una virtù etico-politica tipicamente romana. -disciplina: disciplina, educazione, formazione civile e militare del cittadino. Disciplina è per il romano fondamento indispensabile dello Stato, che si mostra con rigidezza militare in tutti i campi della vita. -exemplum: esempio, modello. E’ il valore costituito da un’azione gloriosa compiuta da un antenato, che si ha il dovere di imitare e moltiplicare. -fides: lealtà, affidabilità. E’ un concetto complesso, che riassume l’essenza della moralità romana. -fortitudo: fortezza, coraggio, valore. Era la prima virtù dell’antica Roma. -gravitas:maestà, serietà. -industria: attività, operosità. Il termine designa il valore che spinge l’uomo politico alla zelante collaborazione nell’ambito dello Stato. -nobilitas: rappresenta in senso astratto l’aspirazione ad essere degni delle virtù degli antenati. -pietas: è con la virtus militaris uno dei valori fondamentali della romanità. E’ il rispetto per gli obblighi e i doveri che ci legano agli altri, per esempio alla patria, ai genitori, agli amici.
Sono a tal proposito illuminanti le parole dell’imperatore Marco Aurelio:
« Pensa in ogni momento che sei un romano ed un uomo e che devi eseguire ciò che hai tra le mani con dignità coscienziosa e sincera, con benevolenza e libertà e giustizia. » Traspaiono qui gli antichi ideali romani della virtus, della gravitas e della iustitia. Marco Aurelio sentiva il dovere di mettere tutte le sue energie al servizio del tutto, di subordinare ogni suo sentimento ed azione all’interesse del tutto.
Ma nei secoli, con l’espansione territoriale, la struttura delle relazioni sociali e della cultura romana subirono profondi sconvolgimenti: il contatto con la civiltà greca generò nel popolo romano un cambiamento. Da una parte si desiderava rinnovare i costumi rurali romani (mos maiorum) introducendo usanze e conoscenze provenienti dall’Oriente (si pensi alla filosofia, alla scienza), ma questo generò anche una decadenza dei valori morali, testimoniata dalla diffusione di costumi moralmente discutibili persino oggi. Questo provocò una forte resistenza da parte degli ambienti più conservatori, che si scagliarono contro le culture extra-romane, accusate di corruzione dei costumi, di indecenza, di immoralità e di sacrilegio. Catone il Censore lottò accanitamente contro l’ellenizzazione del modo di vivere romano , a favore del ripristino del più antico mos maiorum, che aveva permesso al popolo romano di rimanere unito di fronte alle avversità, di sconfiggere ogni sorta di nemico. Aveva paura che la cultura greca divenisse portatrice di valori che minassero le basi sociali e l’assetto raggiunto dalla repubblica. La morale tradizionale era necessaria per mantenere immutata la repubblica. Con il passare dei secoli e con l’influenza delle usanze di nuove popolazioni, le tradizioni del mos maiorum si dispersero a favore della nuova cultura cristiana e delle esotiche usanze ellenistico-orientali.
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