Evoluzione, Science: “Da una unica specie. Si riscrive la storia”

 

Evoluzione, Science: “Da una unica specie. Si riscrive la storia”

La scoperta si deve all’analisi dei resti di un ominide scoperto a Dmanisi (Georgia) e vissuto 1,8 milioni di anni fa. A differenza di altri fossili di Homo, i resti combinano caratteristiche diverse mai osservate tutte insieme in un ominide

 

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 17 ottobre 2013Commenti (90)

Evoluzione, Science: “Da una unica specie. Si riscrive la storia”

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L’uomo si è evoluto da un’unica specie: la scoperta, che ha conquistato la copertina di Science, riscrive la storia dell’evoluzione umana e si deve all’analisi dei resti di un ominide scoperto a Dmanisi in Georgia (nella foto gli scavi che hanno portato al recupero dei resti) e vissuto 1,8 milioni di anni fa.

 

La ricerca è stata condotta dal gruppo coordinato dal paleoantropologo David Lordkipanidze, del Museo Nazionale Georgiano a Tbilisi. I nuovi dati dimostrano che, contrariamente a quanto si pensava finora, i primi rappresentanti del genere Homo (come l’Homo habilis e l’Homo erectus) appartenevano alla stessa specie. Questi primi antenati dell’uomo probabilmente avevano solo un aspetto fisico diverso.

 

Scoperto nel 2005, il teschio dell’ominide che ha fatto riscrivere l’evoluzione è il più completo mai trovato. A differenza di altri fossili di Homo, i resti combinano caratteristiche diverse mai osservate tutte insieme in un ominide: una piccola scatola cranica, faccia lunga e grandi denti. Per questi tratti fisici, il fossile di Dmanisi può essere paragonato a vari fossili di Homo: a quelli scoperti in Africa e risalenti a circa 2,4 milioni di anni fa, come ad altri scoperti in Asia e in Europa, datati nel periodo compreso fra 1,8 e 1,2 milioni di anni fa. Per esempio la mascella è come quella dell’Homo habilis, mentre le spesse arcate sopraccigliari sono dell’Homo erectus. Per Christoph Zollikofer, del Museo di Zurigo che ha partecipato al lavoro, la variazione dei tratti scoperta nell’ominide di Dmanisi non è maggiore di quella che si può trovare tra cinque esseri umani moderni o cinque scimpanzé.

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L’ominide scoperto in Georgia (Ap)L’ominide scoperto in Georgia (Ap)

L’albero genealogico dell’uomo potrebbe essere rivisto, perfino riscritto, dopo la scoperta dei resti dell’ominide di Dmanisi, in Georgia, nel quale si riconoscono, come in un «collage», caratteristiche diverse finora mai osservate tutte insieme nei fossili di un nostro antenato.

 

L?ominide di Dmanisi

L’ominide di Dmanisi L’ominide di Dmanisi L’ominide di Dmanisi L’ominide di Dmanisi L’ominide di Dmanisi

Se finora si pensava che dopo la divergenza dagli Australopiteci e la comparsa del genere Homo (circa 2,5 milioni di anni fa), si fossero succedute tante specie diverse, tutte estinte tranne Homo sapiens, oggi ci si rende conto che non è in questo modo che deve essere letta la documentazione fossile: in realtà vi sarebbe stata una sola specie nelle prime fasi del percorso evolutivo dell’uomo. Anche se «sono necessari ulteriori studi per confermare l’ipotesi, in base alla nostra scoperta quelle che finora erano considerate specie diverse sarebbero invece gruppi con caratteristiche morfologiche simili», scrivono i paleontologi del Museo Nazionale Georgiano a Tbilisi, autori della scoperta.

 

Prima della scoperta dell’ominide di Dmanisi si pensava che la più antica specie del genere Homo fosse l’Homo rudolfensis, vissuto tra 2,4 e 1,9 milioni di anni fa. La specie successiva sarebbe stata l’Homo habilis da cui si sarebbe evoluto l’Homo ergaster, comparso circa 1,8 milioni di anni fa. Discendente dall’Homo ergaster sarebbe stato l’Homo erectus, presto diffuso anche un Eurasia. Contemporaneo alle ultime fasi dell’Homo erectus sarebbe stato (in Europa) l’Homo heidelbergensis, da cui sarebbero discesi i Neanderthal, vissuti tra 300.000 e 30.000 mila anni fa in Europa, Vicino e Medio Oriente e Asia occidentale. L’uomo anatomicamente moderno, ossia l’Homo sapiens, è comparso invece in Africa intorno a 200.000 anni fa e, circa 40.000 anni fa ha fatto il suo ingresso in Europa.

 

Ma adesso la scoperta del nuovo ominide spazza via questo complesso `cespuglio´ genealogico. «Alla luce delle nuove scoperte – spiega il paleontologo Lorenzo Rook, dell’università di Firenze – sembra che tutte le differenze morfologiche notate in questi ominidi sarebbero in realtà l’evidenza della normale variabilità biologica all’interno di una singola specie, dovuta ad adattamenti ambientali o alla semplice variabilità genetica». Sono proprio i resti dei cinque individui scoperti nel sito di Dmanisi, aggiunge, un esempio (eccezionale ed unico nella documentazione fossile) di un piccolo campione della stessa popolazione con un’alta variabilità. «Anche se non tutti gli esperti sono d’accordo con questa nuova ipotesi, e c’è chi pensa addirittura che nello stesso sito di Dmanisi vi siano fossili di specie diverse, la scoperta - sottolinea Rook - ci spinge a cambiare il modo in cui è stata interpretata l’evoluzione umana finora» (Ansa)

 

18 ottobre 2013